Il Bullismo e il diritto: come può reagire la vittima.*
dott. Gian Cristoforo Turri
a) Quando il bullismo si concretizza in comportamenti illeciti?
Quando si verifica una violazione della legge penale o civile.
Nel primo caso, si tratta di reati. Per esempio: botte = percosse (art.581 codice penale) o lesioni, se lasciano tracce-conseguenze più o meno gravi (artt. 582 e ss cod. pen.); danni alle cose = danneggiamento (art. 635 cod. pen.); offese = ingiuria, se a tu per tu, o diffamazione, se di fronte ad altri (artt. 594 e 595 cod. pen.); minacce = minaccia (art. 612 cod. pen.); prese in giro = (eventuale) molestia o disturbo alle persone (art. 660 cod. pen.). In alcuni casi basta la denuncia ad un organo di polizia o all'autorità giudiziaria per attivare un procedimento penale (p.es. lesioni gravi, minaccia grave, molestie); negli altri casi, la denuncia deve contenere la richiesta che si proceda penalmente contro l'autore di reato (querela). Se l'autore del reato è un minorenne la competenza è del Tribunale per i minorenni e procede la Procura della Repubblica presso tale Tribunale; se l'autore è maggiorenne (ha compiuto 18 anni), la competenza è del Tribunale ordinario e procede la Procura della Repubblica presso tale Tribunale.
Nel secondo caso (violazione della legge civile), si tratta della produzione volontaria, anche non intenzionale (colposa), di un danno ingiusto (violazione di un diritto altrui) alla persona o alle cose che gli appartengono (art. 2043 codice civile). Per chiedere il risarcimento del danno, bisogna rivolgersi ad un avvocato ed intraprendere una causa davanti al Tribunale civile, salvo che ci si metta d'accordo prima.
Il più delle volte l'atto di bullismo viola sia la legge penale, sia quella civile, quindi può dar vita a due processi, l'uno penale e l'altro civile (che possono essere unificati soltanto se l'autore dell'illecito è maggiorenne).
Fuori di questi casi, il bullismo si concretizza in atti di inciviltà, che sono irrilevanti per il diritto.
b) Quali conseguenze derivano dai processi?
Il processo penale può metter capo ad una sanzione penale (reclusione, pena pecuniaria o altre sanzioni, quali attività socialmente utili), ma è molto raro che ciò avvenga, soprattutto se l'autore del reato è minorenne.
Il processo penale può essere occasione di più fecondi percorsi di riconoscimento e riparazione del danno prodotto, se s'innesta un'attività di mediazione penale tra autore del reato e vittima. In Trentino, ciò è possibile, perché esiste un apposito servizio presso la P.A.T. (n.d.r. Provincia Autonoma di Trento).
Il processo civile può portare ad una condanna al risarcimento del danno (quasi sempre, pagare una somma di denaro) sia patrimoniale, sia morale (solo in caso di reato, per la sofferenza di natura morale procurata dall'illecito), sia biologico (danno alla salute). Si comincia a riconoscere anche il danno esistenziale (danno in sé, perché è stato violato un diritto della persona, generalmente attinente alle relazioni personali).
c) Chi risponde?
La responsabilità penale è personale, quindi risponde anche il minorenne, se ha compiuto 14 anni. Prima del compimento di tale età, è astrattamente possibile che all'autore del reato sia applicata una misura di sicurezza (collocamento in comunità o libertà controllata). Ciò non accade mai, perché viene preferito dal tribunali disporre una misura educativa, se del caso.
Non è escluso che i genitori di un minorenne autore di reato rispondano a loro volta penalmente per il reato, punibile o meno, commesso dal figlio. E' accaduto, ad esempio, in un caso in cui una ragazzina si allenava al pallone in casa, provocando continui rumori e rimbombi che determinarono al vicino di casa una sindrome ansioso-depressiva. I genitori sono stati ritenuti responsabili del reato di lesioni colpose e condannati al pagamento di una multa, perché dovevano intervenire per impedire alla figlia di recare danno ad altre persone, mentre non lo fecero, pur percependo "il comportamento anti-sociale della figlia" e dimostrando così "l'assenza totale di ogni attività educativa" (Cass. 7941/2000).
La mancata attuazione di azioni correttive del comportamento dei figli e, più in generale, il non avere impartito al figlio un'educazione consona alle proprie condizioni sociali e familiari (culpa in educando) e il non esercitare una vigilanza adeguata all'età e indirizzata a correggere comportamenti inadeguati (culpa in vigilando) stanno alla base della responsabilità civile dei genitori per gli atti illeciti posti in essere dal figlio minorenne che sia capace d'intendere e di volere, cioè il figlio grandicello capace di discernimento (art. 2048, 1° comma cod. civ.). Di tale atti non può, infatti, per legge rispondere il minorenne, in quanto non ha autonomia patrimoniale.
La responsabilità dei genitori non è, tuttavia, oggettiva e assoluta. Essi possono esserne esonerati, se dimostrano di non avere potuto impedire il fatto, ossia di avere adeguatamente educato e vigilato il figlio.
Se il figlio non è capace d'intendere e di volere, non bastano una "buona" educazione e una corretta vigilanza. Il genitore, infatti, è tenuto a sorvegliarlo (azione più intensa della vigilanza) e deve dimostrare di averlo fatto e di non avere nonostante ciò potuto impedire l'evento dannoso, per sottrarsi alla responsabilità, nel caso che i1 figlio abbia commesso un illecito (art. 2047 cod.civ.).
Gli insegnanti hanno una posizione analoga, ma non identica a quella dei genitori. Perché vi sia responsabilità dell'insegnante, l'atto illecito dev'essere commesso dall'allievo durante il tempo in cui è sottoposto alla sua vigilanza (art. 2048, 2° comma cod. civ.). Come il genitore, l'insegnante può liberarsi da responsabilità soltanto dimostrando di non avere potuto impedire il fatto.
Un'ipotesi tipica di responsabilità dell'insegnante si ha, quando il fatto si verifica mentre egli si è allontanato dalla classe. Ma la vigilanza dev'essere assicurata all'interno della struttura scolastica anche fuori dalla classe e spetta alla direzione dell'istituto scolastico fare in modo che gli studenti siano adeguatamente seguiti per tutto il tempo in cui si trovano all'interno dell'istituto stesso.
Com'è noto alla responsabilità dell'insegnante si affianca quella dello Stato (art. 28 Costituzione), naturalmente allorché l'istituto scolastico è statale. Il danneggiato può agire indifferentemente contro l'insegnante o contro lo Stato. Di fatto, a "pagare" è sempre lo Stato, che può poi rivalersi contro l'insegnante, se questi ha agito con dolo (intenzione) o colpa grave (violazione grave dei doveri che incombono su di lui).
Un problema aperto riguarda la responsabilità delle comunità di accoglienza.
(Contributo al Convegno sul Bullismo, Trento, 18/2/02)
Gian Cristoforo Turri
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni di Trento
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* Si ringrazia il dott.Gian Cristoforo Turri per aver concesso la pubblicazione di questo importante documento.